Sono appena tornato a Roma, prima di qualsiasi commento, incollo il testo scritto ieri:
Sono le 18,30 di Sabato 5 Marzo, ho appena posato la valigia sulla bilancia del banco dell'Air France, per effettuare il check-in. Consegno passaporto e biglietto; qualche minuto di riflessione e l'addetto aeroportuale mi dice: "ces pour le sis, no pour le cinc" non capisco un tubo di francese (come potete vedere da come l'ho scritto) ma questa l'ho capita. Mentre mi porge indietro il biglietto realizzo che molto probabilmente non si parte. Il biglietto di ritorno è per il 6 Aprile, ed oggi è 5.
Ma come posso essermi sbagliato?
Torno indietro con il pensiero e capisco che c'è stato un fraintendimento, tra me e Gianna, l'impigata dell'agenzia di viaggi, di cui mia cognata è la proprietaria. Quando ho prenotato il biglietto per telefono, avevo detto: "andata il 29 Marzo, ritorno a Roma il 6 Aprile".
Durante il viaggio di ritorno c'è di mezzo il cambio data e qui casca l'asino.
Il mio ritorno a Roma per il 6, inteso come data di arrivo è stato giustamente inteso come data di partenza da Ouagadougou.
Lo sconforto è totale.
Ero già li che mi pregustavo la scena, con "i patatini" che mi correvano incontro all'aereoporto. Poi insieme a loro saremmo andati a trovare la mamma che nonostante gli sforzi non era riuscita ad effettuare un cambio turno.
Più mi rendo conto dell'accaduto e più sono avvilito. Esco dall'area check-in, fuori c'è Lucien che mi attendeva per la conferma del "tutto ok" e per i saluti. Avviso Lucien del contrattempo e in quel momento arriva Jacob, che era andato a parcheggiare la macchina. Jacob fa una telefonata ad un conoscente; c'è ancora la speranza di partire.
Dopo 20 minuti trascorsi nell'ufficio dell'Air France, Jacob mi raggiunge con il biglietto in mano e mi dice: "ne pas possible" e seguita a parlare in francese, io ho già capito e Lucien lo conferma: "niente da fare il volo è tutto pieno!" Allo sconforto si aggiunge la rassegnazione, condita con un minimo di inc...zatura! (passatemi l'espressione).
A Ouagadougou è già buio da un po'.
Jacob dice che la cosa migliore è che io resti qui a Ouaga, presso la missione delle Suore di S. Camillo.
Concordo.
Così eviterò di farli tornare a Ouaga il giorno successivo.
Jacob telefona a Suor Clementina. Dopo appena 15 minuti arriviamo in missione, sono le 20,00 e penso: l'aereo che ho perso deve ancora partire.
Suor Clementina mi scorta in stanza, il letto è già pronto. La mia prima necessità a questo punto è divenuta il "Lariam". Quando mi sono trasferito a Mogtedo, ho dimenticato la scatoletta del Lariam a Koupela, insieme alle altre medicine che avevo portato per Suor Bartolomea. Nella busta che avevo conservato per me ci sono solo 4 scatole di medicinali, niente Lariam.
Eppure ero convinto di averlo portato!
Suor Clementina mi dice che la cena mi aspetta, al Lariam penseremo dopo e mi fa strada verso la mensa.
A tavola incontro di nuovo Mariella e i suoi 4 Amici, 5 italiani che avevo avuto il piacere di conoscere a Koupela da Suor Bartolomea.
Mariella è 22 anni che viene qui in Burkina.... va spesso, sempre insieme ai suoi amici, anche in India, e in altri posti dimenticati dal mondo occidentale, sempre per fare la stessa cosa: coltivare "il bene".
Loro arrivano dal Benin e viaggiano in macchina, un fuoristrada Toyota preso in prestito dalla missione S. Camillo che si trova laggiù, in "non so quale posto". Torneranno in Italia la prossima settimana, dopo 15 giorni di soggiorno.
Subito dopo cena è in programma una recita, interpretata dai ragazzi che frequentano la missione. Durante un balletto, veramente ben realizzato, "un flash"..... ricordo dove ho messo il Lariam: - è nella borsa fotografica, l'ho messo lì per non rischiare di perderlo - (difficile che io possa perdere la mia borsa fotografica
).
La mia memoria però mi ha giocato un brutto scherzo.
Direte: Ma dove sei con la testa?
- Sono tra le nuvole!....
-
A proposito di dove sei?
Al momento mi trovo sotto un portico abbastanza areggiato, di fronte la stanza che mi ha ospitato.
Sono le 11,30 di Domenica, in teoria a quest'ora avrei dovuto sorvolare il cielo della mia città e invece sono qui a scrivere il mio diario.
Forse era destino che lo finissi qui, in Burkina Faso.
Faccio un passo indietro, e vi racconto cosa è successo l'altro ieri:
Venerdì 4 Aprile.
Oggi visiteremo di nuovo Mogtedo V6 e Rapadama V2, nonostante ci sia già stato Martedì scorso insieme a Barnabé.
So che ci saranno due feste di ringraziamento. Jacob voleva farmi una sorpresa ma alcune circostanze non l'hanno consentito. La festa a Mogtedo V6 era prevista per Mercoledì scorso, il giorno che abbiamo effettuato la perforazione dell'ultimo pozzo, la perforazione era prevista per Martedi ma un contrattempo intervenuto al responsabile dei lavori, ha impedito il rispetto del programma.
Jacob ha tentato in tutti i modi di far conciliare i due eventi ma fortunatamente la "saggezza di Suor Bartolomea" ha preso il sopravvento e in un attimo tutto è stato annullato, ovvero un programma che a cose fatte risultava quasi impossibile da realizzare: l'idea era di andare di buon ora a Mogtedo V6 per i festeggiamenti, di tornare a Koupela per le 11 e quindi iniziare a scavare.
Se penso a come ero esausto, a fine perforazione, non posso non ringraziare di nuovo S. Bartolomea per il suo intervento. Concreta, diretta, efficace, veramente una donna speciale! ....ma questo forse l'ho già detto!
Arriviamo a Mogtedo V6 e la chiesetta che ho visto Martedì scorso, ora è colma di persone, sono tutti sotto la veranda che attendono impazienti il mio arrivo. Mogtedo V6 non è poi così piccolo come me lo ero immaginato, il pozzo è stato realizzato in posizione decentrata, rispetto al villaggio, proprio perchè questo risultava essere il luogo migliore per intercettare la falda, le poche capanne vicino al pozzo sono solo una piccola parte dell'agglomerato.
Quelli che erano i più svantaggiati ora sono in prima fila. Penso: - bella fornuna! Sai quanti soldi vale questa capanna di fango, ora, con il pozzo proprio sotto casa?
Chiedo se è possibile visitare il villaggio, naturalmente accolgono con orgoglio la mia richiesta.
Non lontano dal villaggio, c'è un altro pozzo, l'unico punto dove al momento la popolazione può reperire l'acqua.
Andiamo a visitarlo.
C'è una donna con un bambino sulla schiena che sta facendo scorta d'acqua. Appena mi avvicino, capisco subito il perchè dell'esigenza immediata di un altro pozzo: "Acqua contro Acqua" .... vi direte - ma cosa significa? -
Significa che le grandi piogge con il passare del tempo, hanno deciso di venire a compromettere anche questo posto. A poco più di 5 metri dal pozzo, una grossa voragine squarcia il terreno circostante. A vederlo, il pozzo, sembra essere lì da molto, ma non so ancora per quanto tempo riuscirà a resistere. Comunque a breve ci sarà un altro pozzo funzionante su cui la popolazione di Mogtedo V6 potrà fare affidamento
Torniamo alla chiesetta e ricevo in dono un vestito tipico Burkinabé, un cappello, un pollo e a seguire una capra. Nonostante la cosa mi crei un certo imbarazzo, mi dicono che non posso non accettare le offerte. Togliere una capra e un pollo a queste persone mi rende tutt'altro che felice.
Ci facciamo qualche foto, discorso dello Chef del villaggio e poi si pranza, anche se sono ancora le 11,30.
Sotto la "veranda" della chiesa siamo in molti ma quelli che mangiano sono solo 5, gli altri guardano.... no comment.
Durante il pranzo ci allietano i canti delle ragazze che stanno danzando "in nostro onore" ai margini della chiesa, la danza è sempre la stessa: "il chiappa"....ops... il Kigba.
Ancora un po’ e poi dopo aver salutato tutti ci avviamo verso Rapadama V2.
Appena arrivati mi rendo conto che qui c'è ancora più gente.
Si sono organizzati alla grande!
Sotto una grande tettoia, ci sono una 40ina di anziani, tre sdraio blu sono riservate a noi. Di fronte la tettoia, sul terreno noto una striscia azzurra, a delimitare uno spazio lungo quanto la tettoia e largo almeno 5 metri. Nessuno osa calpestarlo.
Più tardi capirò che quella è "l'arena" riservata alle danzatrici.
Indovinate cosa ballano?
Bravi!
Prima delle danze arriva il discorso di una persona nativa del villaggio, non è lo Chef a parlare, preferisce ascoltare con orgoglio il “dotto” del villaggio, ovvero uno dei pochi fortunati che è riuscito ad andare a scuola e poi a proseguire gli studi. L'ho portato con me quel foglio scritto in Moore e sarò felice di mostrarvelo.
Dopo il discorso, uno scambio di battute, con Lucien che traduce. Poi anche qui i doni, gli stessi che a Mogtedo, oltre ad un paio di scarpe e a due utensili che i locali utilizzano per coltivare la terra. Sul manico della piccola zappa, c'è scritto il nome del villaggio e la data di oggi.
Nel bel mezzo della consegna dei doni, un botto incredibile, simile ad un "rauto" nostrano.
Tutti ridono soddisfatti, come a dire: "Questa proprio non te l'aspettavi eh?"
..... in effetti!....
Prima di andare via ancora altri due "botti" accompagnati dalle solite risate... più moderate, come a dire: "lo sapevi ma è figo lo stesso!"
Ci salutiamo e quello che dicono gli occhi e i sorrisi di questa gente, quando la macchina si allontana, proprio non riesco a tradurlo.
Torniamo a Mogtedo e nel tardo pomeriggio, insieme a Lucien, vado a visitare il mercato. Faccio qualche foto, in molti si girano per evitare di essere ritratti, poi la presenza di Lucien (il secondo "in capo" della loro parrocchia) li rassicura e risultano meno restii. Le ragazze seguitano ad evitarmi, ma con la tecnica del "ruba e mostra" riesco a coinvolgere anche loro. Mostrare le foto appena scattate ha dei vantaggi che a medio termine tendono ad esaurirsi: provate ad immaginare il "codazzo" di bambini che avevo dietro, e poi ad ogni scatto mostra la foto a tutti. Riesco a fare uno scatto ogni 5 minuti e la luce ideale del calar del sole non sta certamente ad aspettare.
In ogni caso è troppo bello renderli partecipi, ognuno ha un espressione diversa, da quello che strilla e si sbellica dalle risate a quello che in silenzio accenna a stento un sorriso.
Torniamo in parrocchia e ceniamo sotto le stelle.
Un leggero venticello e il sole che è calato da più di un ora rendono l’atmosfera quasi irreale: è incredibilmente fresco!
Dopo cena, approfitto del gruppo elettrogeno che è in moto, per scrivervi quello che ho "incollato" sul forum ieri.
Prima di lasciarvi non posso non raccontarvi dell'esperienza vissuta poco prima di lasciare Mogtedo, ovvero ieri mattina. Jacob deve andare a dire messa in una frazione poco più lontano di Zorgho. Io e Lucien scendiamo a Zorgho, e trascorriamo 2 ore all'internet point,
alle 11,00 decidiamo di tornare indietro a Mogtedo, senza attendere Jacob che di li a poco sarebbe tornato a riprenderci. Prendiamo uno di quei pulmini locali, dove spesso sul tetto sono accatastate biciclette e motorini.
Lucien vuole mostrarmi dove ha scattato la foto dei bambini che pescano nel fango. A proposito di foto e di Lucien, mi sembra di non avervelo ancora detto, o forse l'ho fatto. Insieme al Direttivo dell'associazione abbiamo deciso di regalare una piccola digitale a Lucien e Jacob, in questo modo, Lucien, che è il più preparato in "tecnologia moderna" ci aggiornerà passo passo sul "working progress" dei pozzi. Ho già istruito Lucien sul come vorrei portare avanti la cosa. Apriremo un forum dedicato a Luciene, dove noi potremo interloquire con lui, e dove lui potrà aggiornarci in continuazione. La lingua principale sarà l’inglese, anche maccheronico, l’importante è che ci si capisca. Poi eventualmente provvederemo a tradurre in italiano i vari post.
Piano piano inizieremo a costruire insieme a lui la mappa del luogo. Ho chiesto a Lucien di realizzare dei report per ciascun villaggio, dove sono riportate informazioni importanti:
- il numero approssimativo degli abitanti (qui ne sanno certamente di più Lucien e Jacob che lo stato del Burkina Faso)
- l'esistenza o meno di un pozzo
- l'esistenza di una scuola
- dimenzioni in estenzione del villaggio
- fotografie
- ecc. ecc.
Chiusa parentesi.
Abbiamo preso il pulmino e a Mogtedo, nel posto che dice Lucien ci si può arrivare solo in moto.
Lucien dice di posare il mio berretto e di prendere uno dei cappelli che mi hanno regalato ieri. Poi ho capito il perchè!
Seppur il percorso fosse breve, girovagare in moto tra quelle stradine "sgarrupate" è stata un'esperienza fichissima. Arriviamo sull'argine di un lago vastissimo, o meglio di quello che è rimasto del lago. Lucien mi dice che è la prima volta che lo vede così in secca, forse è colpa anche delle pompe che prelevano l'acqua dal lago per innaffiare le colture di riso che si trovano sul lato opposto dell'argine. Per un attimo mi torna alla mente la crociera sul Nilo che ho fatto insieme a mia moglie, il paesaggio è diverso ma il contrasto tra deserto e verde brillante è lo stesso. In moto percorriamo l'argine dell'\ex-lago, siamo come su un ciglio, da un lato e dall'altro il terreno scende di almeno 6 metri. Lucien mi dice che al culmine della stagione delle piogge l'acqua raggiunge il terreno che stiamo calpestando con i pneumatici. Guardo lontano e non riesco a capire dove sia l'argine opposto. Lontano, sicuramente molto lontano, (qui inserirò una foto)
Non ho la minima idea di quanti metri cubi d'acqua possano stare in questo bacino, so solo che ora è praticamente a secco. In lontananza si vedono delle chiazze d'acqua e un'infinità di persone che che sembrano essere lì per reperire un pò d'acqua.
Lucien mi dice che stanno pescando. Quando ci avviciniamo alle pozze, scendiamo all’interno del lago. Il fondo è un puzzle di grossi tasselli di fango. Il fango asciutto è chiaro e duro come la roccia, impossibile sprofondare, c’è solo il rischio di prendere una storta. Immaginate di camminare su un mosaico, dove i pezzi che lo compongono sono sistemati a caso, ognuno con la superficie superiore inclinata in modo diverso, il mio piede, ne calpesta almeno un paio alla volta.
Mano mano che ci si avvicina alle pozze d’acqua, il fango diventa più scuro e più morbido.
L'acqua in realtà è fango, fango denso, e non acqua sporca.
Mi chiedo: - Ma come diavolo fanno a starci dei pesci lì sotto? -
Eppure i pesci ci sono, non sono tanti ma ci sono.
In questo posto, che solo a guardarlo fa venir sete, ci sono bambini di tutte le età che passano la giornata immersi nel fango, nella speranza di riuscire a portare a casa qualcosa di commestibile e di vendibile. Sono rimasto quasi un ora in questo posto, proprio per tentare di capire quali fossero i frutti della pesca. Si direbbe che le energie spese siano superiori a quelle reperite. Eppure questi bambini, queste donne e questi uomini sono qui. Significa che: seppur minimo un “surplus” ci deve essere.
Io non riesco a vederlo.
Le immagini saranno sicuramente più esplicative di quanto io possa trasferirvi con le parole.
Vi mostrerò presto le foto, ho intenzione di dedicare una galleria speciale a "il popolo del fango", perchè tutti possano prendere coscienza ed interrogarsi sul perché?
E' la prima volta che riesco a portare a termine un diario di viaggio ancor prima di tornare a casa, questo è successo a causa di un contrattempo: il volo che ho “perso”.
Ancora un ora e le suore della missione mi accompagneranno all'aeroporto:
speriamo sia la volta buona.
Un abbraccio a tutti.
Stefano